Nel giudizio di divorzio il giudice può disporre d’ufficio una CTU contabile per la ricostruzione dei redditi degli ex coniugi

Nel giudizio di divorzio il giudice può disporre d’ufficio una CTU contabile per la ricostruzione dei redditi degli ex coniugi

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Con la Ordinanza n. 11183 dell’11 giugno 2020, gli Ermellini hanno confermato la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Firenze aveva raddoppiato il contributo stabilito in primo grado a carico del genitore per il mantenimento della figlia, sulla base degli esiti della CTU espletata sul patrimonio del ricorrente limitatamente a quello esistente in Italia.

Ciò che salta agli occhi è che il giudice di merito ha tenuto conto non solo della ricostruzione avvenuta a seguito della CTU sulla parte italiana del patrimonio del ricorrente, ma del rifiuto di quest’ultimo a fornire informazioni di carattere fiscale e finanziario e ciò in violazione dell’obbligo stabilito all’art. 5 comma IX l. n. 878/1970, secondo cui “I coniugi devono presentare all’udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria”.

L’accertamento del patrimonio “complessivo” del ricorrente è pertanto avvenuto in via presuntiva ex art. 116 cod. proc. civ., anche sulla scorta dell’illegittimo contegno processuale tenuto dal ricorrente che si è sottratto ad un preciso obbligo di legge.

La Corte d’Appello di Firenze, infatti, aveva rimarcato in special modo il rifiuto del ricorrente, che ha vissuto a lungo in Venezuela (dove risiede attualmente) a fornire informazioni e collaborazione al CTU, al fine di consentire lo svolgimento delle indagini patrimoniali anche in relazione ai redditi ed ai patrimoni esteri.

Il Giudice di merito ha correttamente posto a base della sua decisione le prove dedotte – in questo caso, non dedotte dalle parti e quelle disposte di ufficio valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, così come statuito dal precetto codicistico.

A ciò deve aggiungersi che i risultati della perizia d’ufficio smentiscono anche l’assunto del CTP nominato in giudizio dal ricorrente secondo cui la situazione reddituale era pari a zero!

Sul punto, gli Ermellini sottolineano il rilievo che il legislatore, nel novellare l’art. 5 ha riconosciuto all’indagine comparativa dei redditi e dei patrimoni degli ex coniugi, fondato sull’obbligo di deposito dei documenti fiscali delle parti e sull’attribuzione di poteri istruttori officiosi al giudice, in funzione dell’effettivo accertamento delle condizioni economico patrimoniali delle parti, nella fase conclusiva della relazione matrimoniale (cfr. Cass. S.U n. 18287/2018).

Infine, non può che condividersi anche la decisione della Suprema Corte di confermare la condanna del ricorrente al pagamento del doppio grado delle spese di giudizio e delle spese della CTU.

Il ricorrente, infatti, aveva impugnato sul punto la sentenza di secondo grado ritenendo doversi procedere a compensazione ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., sulla scorta del fatto che i giudici avevano respinto la domanda della ex moglie in merito al riconoscimento dell’assegno divorzile.

Secondo i Giudici di Piazza Cavour, anche nell’ipotesi di soccombenza reciproca il limite di fronte al quale si arresta la discrezionalità del giudice riguardo alla distribuzione dell’onere delle spese di lite è rappresentato dall’impossibilità di addossarne il carico alla parte interamente vittoriosa, poiché ciò si tradurrebbe in un’indebita riduzione delle ragioni sostanziali della stessa, ritenute fondate nel merito. Nel caso di specie, certamente non è stato violato tale limite, essendo stato respinto l’appello incidentale del ricorrente volto ad ottenere la riduzione dell’assegno di mantenimento per la figlia, che dunque non può ritenersi totalmente vittorioso, anche a fronte del rigetto dell’appello proposto dalla ex moglie in merito alla domanda di assegno divorzile e dell’accoglimento della sola domanda incrementativa dell’assegno per la figlia e la Corte territoriale ha motivato sulla prevalenza della soccombenza dell’ex marito rispetto a quella della ex moglie cui ha riconnesso la scelta di condannarlo alle spese dei due gradi di giudizio e delle spese di CTU.

Avv. Francesca Muscarello

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