Con la sentenza n. 4447/2002, la Corte d’Appello di Roma torna a pronunciarsi sulla proprietà e la ripartizione delle spese di manutenzione dei balconi aggettanti e dei cosiddetti “frontalini”, ribadendo che sole ove questi siano connotati da particolari fregi o caratteristiche decorative possono assumere a rango di parti della facciata dell’edificio e, dunque, di parte comune ai sensi dell’art. 1117 c.c. Conseguentemente, laddove i frontalini non abbiano caratteristiche tali da attribuire all’edificio un particolare decoro architettonico, le relative spese di manutenzione non sono di competenza dell’assemblea condominiale, bensì dei singoli proprietari.
Il Caso – Impugnazione dell’assemblea condominiale che aveva deliberato il rifacimento della facciata e dei cosiddetti frontalini
Un condomino impugnava la delibera dell’assemblea condominiale, al fine di ottenere la pronuncia di nullità / annullabilità ed illegittimità della delibera per violazione dei criteri di riparto della spesa inerente il rifacimento dei balconi, frontalini e parapetti esterni dell’edificio condominiale.
Il Tribunale di Roma aveva respinto la domanda, ritenendo infondata la contestazione dell’attore in ordine all’invalidità della delibera impugnata.
La Corte d’Appello, invece, ha ribaltato la decisione del Giudice di primo grado ed accolto l’appello presentato dal condomino.
Secondo la prospettazione dell’atto di appello, alla luce dello stato dei luoghi i balconi facenti parte dello stabile
condominiale non potevano essere inquadrati nella categoria di beni di natura condominiale, non possedendo gli stessi alcun pregio estetico o funzione di abbellimento della facciata dell’edificio.
Infatti, i balconi erano costituiti da un semplice piano di calpestio cinto da ringhiera in metallo avente funzione di parapetto e privi di rifiniture di sorta, né dotati di tratti ornamentali che possano contribuire a rendere il prospetto dell’edificio esteticamente più gradevole.
I motivi della decisione – Il balcone aggettante è di proprietà privata ed i relativi frontalini – privi di decori o elementi ornamentali tali da migliorare l’estetica dell’edificio – non devono essere considerati come parte della facciata. Dunque, essi non costituiscono beni comuni, con conseguente impossibilità di ripartire a livello condominiale le spese per la relativa manutenzione.
L’analisi della Corte d’Appello muove dalla ricostruzione del regime proprietario dei balconi aggettanti. Essi sono “elementi accidentali, privi di funzione portante rispetto alla struttura del fabbricato e non essendo destinati all’uso comune, ma soltanto all’uso e godimento di una parte dell’immobile oggetto di proprietà esclusiva, non costituiscono parti comuni dell’edificio, ma devono considerarsi appartenenti esclusivamente al proprietario dell’unità immobiliare corrispondente, della quale costituiscono naturale prolungamento e pertinenza (v. Cass. 29.10.1992 n. 11775, 23.06.1995 n. 7148)“.
Chiarisce la Corte che non sempre tutte le parti che compngono i balconi sono da considerarsi di proprietà esclusiva.
Infatti, “Nei balconi possono – eventualmente – anche ricorrere elementi decorativi che costituiscano un ornamento della facciata, assimilabili, per tale loro funzione – ai sensi dell’art. 1117 c.c. – alle parti comuni dell’edificio; però non solo la individuazione di tali elementi, ma anche la loro funzione architettonica e il conseguente regime di appartenenza (condominiale, se assolvano prevalentemente alla funzione di rendere esteticamente gradevole l’edificio, di pertinenza dell’appartamento di proprietà esclusiva quando servono solo al decoro di quest’ultimo) non possono definirsi in astratto, ma devono essere effettuati in concreto, caso per caso, in base al criterio della loro funzione prevalente“.
Sul punto, la sentenza richiama la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui “in tema di condominio negli edifici, i
balconi aggettanti, in quanto “prolungamento” della corrispondente unita immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa, dovendosi considerare beni comuni a tutti soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole. Ne consegue che le spese relative alla manutenzione dei balconi, comprensive non soltanto delle opere di pavimentazione, ma anche di quelle relative alla piattaforma o soletta, all’intonaco, alla tinta ed alla decorazione del soffitto, restano a carico del solo proprietario dell’appartamento che vi accede, e non possono essere ripartite tra tutti i condomini,
in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (cfr. Cass. Sez. 2, 30/04/2012, n. 6624, Cass. Sez. 2, 17/07/2007, n. 1513: anche da Cass. Sez. 2, 14/12/2017, n. 30071)“.
In definitiva, “l’individuazione di tali elementi, la loro funzione architettonica e il conseguente regime di appartenenza, dovendo fondarsi sulla loro idoneità ad assolvere alla funzione di rendere esteticamente gradevole l’edificio, non possono essere oggetto di un riscontro in astratto, ma devono essere frutto di una verifica in concreto, in base al criterio della loro funzione precipua e prevalente. Diversamente opinando dette parti dell’edificio sarebbero sempre beni comuni“.
Nel caso di specie, la Corte ha apprezzato gli elementi probatori in atti, concludendo per l’appartenenza delle parti oggetto di manutenzione in via esclusiva ai singli condomini.
Infatti, “non si riscontrano elementi di decoro sui balconi in aggetto…, mancando l’apposizione di qualsivoglia fregio o elemento decorativo di pregio, tale da far ritenere i balconi parti integranti della facciata, in quanto idonei a determinare una particolare fisionomia architettonica dello stabile. Trattasi infatti di balconi muniti di semplici parapetti, del tutto anonimi e privi di elementi decorativi, e di ringhiere che non migliorano il decoro dell’edificio“.
Ne consegue l’accoglimento dell’appello, per l’impossibilità da parte dell’assemblea condominiale di assumere decisioni in ordine alla manutenzione di parti di proprietà esclusiva che esulano dalla propria competenza e di ripartirne le spese tra i condomini secondo i criteri delineati dalla normativa per le parti comuni dell’edificio (artt. 1123 e ss. c.c.).
Conclusioni
La Corte sviluppa un ragionamento che fa applicazione di consolidati principi giurisprudenziali e giunge ad una conclusione condivisibile: se le caratteristiche estetiche e funzionali dei frontalini posti sui balconi aggettanti (di proprietà esclusiva) non sono tali da integrare quel minimo di ornamento che rende maggiormente apprezzabile la facciata dell’edificio dal punto di vista estetico, essi non possono essere considerati parti della facciata e beni comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c., con la consegueenza che le relative spese rimangono a carico dei singoli condomini, non essendo di competenza dell’assemblea.
La circostanza che una tale valutazione vada necessariamente esperita caso per caso, tuttavia, lascia un ampio margine di apprezzamento discrezionale al giudicante che rischia, nella pratica, di non favorire l’applicazione omogenea delle condivisibili regole menzionate.
Infatti, il condominio aveva replicato che i frontalini dei balconi ed i relativi elementi decorativi che li caratterizzavano, per il solo fatto di essere stati costruiti con caratteristiche uniformi, hanno una funzione ben precisa nell’estetica e nel decoro architettonico del fabbricato condominiale, ulteriormente messa in evidenza dalla continuità lineare tra fasce marcapiano e
frontalini, tale da far supporre una chiara volontà progettuale di rendere in un insieme unitario i ritmi scanditi dai balconi con gli altri elementi orizzontali della facciata. Valutazioni prettamente di merito, evidentemente condivise dal Tribunale, ma non dalla Corte d’Appello.
Avv. Emanuele Nati