La reintegrazione del lavoratore quale eccezione alla regola della tutela indennitaria: una prima interessante applicazione da parte della Cassazione.

La reintegrazione del lavoratore quale eccezione alla regola della tutela indennitaria: una prima interessante applicazione da parte della Cassazione.

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La Cassazione entra nel merito di una questione apparentemente molto tecnica, che però riguarda da vicino tutti i lavoratori che vengano a trovarsi in un momento difficile quale quello dell’eventuale licenziamento.

Come tutti sanno, per le aziende alle quali si applica l’art. 18 (e dunque la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo), i casi in cui la reintegrazione è possibile sono oramai molto pochi.

Tenendo fuori il licenziamento economico (che non riguarda il caso di specie), le ipotesi di reintegrazione sono:

– il licenziamento discriminatorio;

– quando il fatto contestato sia “insussistente”;

– quando i contratti collettivi prevedano una sanzione conservativa.

La questione esaminata dalla Cassazione riguardava la terza fattispecie, laddove la Corte di Appello aveva confermato la reintegrazione sulla base di un contratto collettivo che non prevedeva espressamente il caso considerato ai fini della sanzione conservativa, rimettendo al giudice l’apprezzamento del caso concreto.

Se la ricostruzione operata dallo scrivente è corretta, il passo del ccnl in questione dovrebbe essere il seguente:

Il provvedimento di cui alla lett. f) [ndr: il licenziamento] si applica nei confronti del lavoratore colpevole di mancanze relative a doveri anche non particolarmente richiamati nel presente contratto che siano così gravi da non consentire la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto di lavoro”.

Come è evidente, il CCNL è assai poco chiaro, andandosi sostanzialmente a sovrapporre con le valutazioni che sono richieste al Giudice al fine di accertare se – nel caso concreto – ci si trovi o meno di fronte ad una giusta causa di licenziamento.

Una volta preso atto di quanto precede, viene la parte interessante della sentenza.

Infatti, la Corte sostiene che le norme che prevedono la reintegrazione del dipendente sono da intendersi come eccezionali rispetto alla regola, che è la tutela indennitaria.

Le norma eccezionali non sono suscettibili di interpretazione analogica, dunque laddove manchi l’espressa menzione del fatto come meritevole della sanzione conservativa, non si può procedere a reintegrazione sulla base del disposto della contrattazione collettiva.

Va da sé che i contratti collettivi dovranno essere più precisi se vorranno davvero costituire un presidio di tutela per i lavoratori, perché l’adozione di formule generiche – come confermato dalla Cassazione – non serve più a nulla.

Avv. Sandro Campilongo

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