Mutui Immobiliari ai consumatori: in caso di estinzione anticipata spetta il rimborso pro-quota delle sole spese correlate alla durata del contratto (cosiddette “recurring”), ma non di quelle una tantum (cosiddette “up-front”) – Corte di Giustizia UE del 9 febbraio 2023 (causa C-555/21)

Mutui Immobiliari ai consumatori: in caso di estinzione anticipata spetta il rimborso pro-quota delle sole spese correlate alla durata del contratto (cosiddette “recurring”), ma non di quelle una tantum (cosiddette “up-front”) – Corte di Giustizia UE del 9 febbraio 2023 (causa C-555/21)

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Nel caso di estinzione anticipata dei mutui immobiliari ai consumatori la Corte di Giustizia UE (sentenza del 9 febbraio 2023 – causa C-555/21) non applica al rimborso delle spese i principi già fissati con la sentenza Lexitor relativamente al credito al consumo (sulla quale, vedi quanto abbiamo già pubblicato sul sito).

In tal caso, infatti, al consumatore non spetterà il rimborso pro-quota sia delle spese “up-front” che di quelle “recurring”, bensì solo quello delle seconde, direttamente correlate alla durata del contratto.

Restano fuori da ogni ipotesi di rimborso, pertanto, tutte le spese che il consumatore avrebbe comunque sostenuto indipendentemente dalla durata del contratto, quali quelle relative alla perizia immobiliare, ecc.

In particolare, Corte ha statuito che in caso di rimborso anticipato di un mutuo immobiliare al consumatore per finalità residenziale, la normativa nazionale  può legittimamente prevedere il rimborso pro-quota dei soli costi recurring, senza alcun diritto restitutorio in ordine ai costi cosiddetti up-front, cioé non correlati alla durata del contratto (es. spese per la perizia).

Infatti, nel dispostivo la Corte dichiara il seguente principio di diritto: “L’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito, in caso di rimborso anticipato del medesimo, includa soltanto gli interessi e i costi dipendenti dalla durata del credito“. 

Si tratta, dunque, di una pronuncia di segno opposto rispetto alla sentenza Lexitor ed alla giurisprudenza anche della Corte Costituzionale che ne è derivata.

Di seguito, riportiamo uno stralcio dei passi maggiormente significativi della motivazione: 

Orbene, occorre constatare, come sottolineato dall’avvocato generale, in sostanza, al paragrafo 69 delle sue conclusioni, che il diritto alla riduzione di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2014/17 non è volto a porre il consumatore nella situazione in cui si troverebbe qualora il contratto di credito fosse stato concluso per un periodo più breve, un importo inferiore o, più generalmente, a condizioni diverse. Esso mira, invece, ad adattare tale contratto in funzione delle circostanze del rimborso anticipato.

Stanti tali condizioni, siffatto diritto non può includere i costi che, indipendentemente dalla durata del contratto, siano posti a carico del consumatore a favore sia del creditore che dei terzi per prestazioni che siano già state eseguite integralmente al momento del rimborso anticipato.

Vero è che, nel contesto della direttiva 2008/48, la Corte ha dichiarato che l’effettiva portata del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita, qualora tale riduzione potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi qualificati dal creditore come dipendenti dalla durata del contratto, dato che i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca e che la fatturazione dei medesimi può includere un certo margine di profitto. Inoltre, limitare la riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che al consumatore vengano imposti pagamenti una tantum più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il creditore potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2019, Lexitor, C‑383/18, EU:C:2019:702, punti 31 e 32)

A tal fine la Corte ha evidenziato che, nell’ambito di detta direttiva, il margine di manovra di cui dispongono gli istituti creditizi nella loro fatturazione e nella loro organizzazione interna rende, in pratica, molto difficile la determinazione, da parte di un consumatore o di un giudice, dei costi oggettivamente correlati alla durata del contratto (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2019, Lexitor, C‑383/18, EU:C:2019:702, punto 33).

Al riguardo, occorre tuttavia ricordare che, conformemente all’articolo 14, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/17, il creditore o, se del caso, l’intermediario del credito o il rappresentante designato sono tenuti a fornire al consumatore informazioni precontrattuali mediante il PIES di cui all’allegato II a tale direttiva. Tale prospetto prevede una ripartizione delle spese che il consumatore deve pagare in funzione del loro carattere ricorrente o meno.

Orbene, una siffatta ripartizione regolamentata dei costi posti a carico del consumatore riduce sensibilmente il margine di manovra di cui dispongono gli enti creditizi nella loro fatturazione e nella loro organizzazione interna e consente, sia al consumatore che al giudice nazionale, di verificare se un tipo di costo è oggettivamente connesso alla durata del contratto.

Di conseguenza, il rischio di comportamento abusivo del creditore, evocato nella giurisprudenza citata ai punti 32 e 33 della presente sentenza, non può giustificare l’inclusione dei costi indipendenti dalla durata del contratto nel diritto alla riduzione del costo totale del credito, di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2014/17.

A tal proposito, occorre nondimeno ricordare che, al fine di garantire la tutela di cui beneficiano i consumatori ai sensi della direttiva 2014/17, l’articolo 41, lettera b), di quest’ultima impone agli Stati membri di assicurare che le disposizioni adottate per il recepimento di tale direttiva non possano essere eluse in un modo che possa determinare la perdita della protezione concessa ai consumatori da detta direttiva, mediante particolari formulazioni dei contratti.

Al fine di garantire detta tutela, spetta agli organi giurisdizionali nazionali assicurare che i costi che, indipendentemente dalla durata del contratto di credito, sono posti a carico del consumatore non costituiscano oggettivamente una remunerazione del creditore per l’uso temporaneo del capitale oggetto di tale contratto o per prestazioni che, al momento del rimborso anticipato, dovrebbero ancora essere fornite al consumatore. Il creditore è, al riguardo, tenuto a provare il carattere ricorrente o meno dei costi in questione.

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2014/17 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito, in caso di rimborso anticipato del medesimo, includa soltanto gli interessi e i costi dipendenti dalla durata del credito“.
 
In definitiva, la Corte sembra aver condiviso l’orientamento del Giudice del rinvio secondo cui  “i contratti di credito ai consumatori disciplinati dalla direttiva 2008/48 presenterebbero considerevoli differenze rispetto ai contratti di credito garantiti da un’ipoteca o relativi ai beni immobili, disciplinati dalla direttiva 2014/17, atteso che questi ultimi implicano generalmente numerose spese che non dipendono dalla durata del contratto e il cui importo sfuggirebbe al controllo dall’ente creditizio. A tale titolo, il giudice del rinvio menziona, in particolare, le spese relative alla valutazione del bene immobile, all’autenticazione delle firme ai fini dell’iscrizione dell’ipoteca nel registro catastale e alla domanda di riconoscimento del grado ipotecario in vista di una cessione o di una costituzione in garanzia, nonché quelle relative alla registrazione per la domanda di iscrizione catastale dell’ipoteca“.

Avv. Emanuele Nati

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