Il Giudice di merito può autorizzare il genitore collocatario a trasferire la propria residenza insieme al figlio.

Il Giudice di merito può autorizzare il genitore collocatario a trasferire la propria residenza insieme al figlio.

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Si segnala la Ordinanza n. 4796 del 14 febbraio 2022, con la quale la Suprema Corte di Cassazione ha sancito un importante principio secondo il quale “Il diritto del minore al mantenimento di rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori, che in via sistematica si colloca all’interno di quello al rispetto della vita familiare di rilievo convenzionale, là dove si verifichi la crisi della coppia va riconosciuto dal giudice del merito in composizione con l’interesse del genitore, collocatario e non, nella loro reciproca relazione in cui l’interesse primario del figlio deve porsi quale punto di “tenuta” o “caduta” della mediazione operata. Il giudice del merito chiamato ad autorizzare il trasferimento di residenza del genitore collocatario del minore deve pertanto valutare con l’interesse di quest’ultimo, nell’apprezzata sussistenza della sua residenza abituale quale centro di interessi e relazioni affettive, quello del genitore che abbia richiesto il trasferimento e, ancora, del genitore non collocatario su cui ricadono gli effetti del trasferimento autorizzato, per le diverse peggiorative modalità di frequentazione del figlio che gliene derivino”.

L’Ordinanza in parola conferma le conclusioni cui era giunta la Corte di Appello di Genova chiamata a pronunciarsi sul reclamo proposto da un genitore non collocatario avverso la decisione adottata dal tribunale che aveva a sua volta autorizzato la madre collocataria a trasferirsi presso altro comune portando con sé il figlio.

La corte di merito ha accolto la domanda della madre rilevando che a) il bambino nei primi tre anni di vita era vissuto con la madre nel paese presso i nonni materni; b) la tenera età del minore lo rendeva capace di adattamento; c) la madre era colei che risultava maggiormente pregiudicata da una permanenza in una città in cui non aveva parenti e legami e sarebbe stata in maggiore difficoltà nel trovarvi un lavoro; d) il padre, per il quale l’allontanamento del figlio avrebbe reso più difficile ogni frequentazione, sarebbe comunque tornato nella situazione già vissuta nel precedente periodo in cui aveva interrotto la convivenza con la compagna ed il figlio e che, in ogni caso, aveva egli “dimostrato di saper gestire ed affrontare”, conservando contatti sociali e lavorativi; e) la lontananza tra padre e figlio potesse “incidere profondamente” sui loro rapporti.

Il giudice di merito, dunque, ha dato atto di aver esaminato tutti gli elementi istruttori offerti dalle parti e che sono stati oggetto di discussione nel corso del giudizio. Il che gli ha consentito di individuare a sua discrezione il punto di equilibrio tra le posizioni dei soggetti e, così, comporre il conflitto.

Secondo gli Ermellini, dunque, non è sindacabile la decisione del giudice di merito che sia basata su valutazioni discrezionali e che, per come argomentato, abbia tenuto in primaria considerazione l’interesse del minore ad una crescita serena ed equilibrata nel mantenimento dei rapporti con entrambi i genitori, oltre che assunta a garanzia del diritto alla bigenitorialità di questi ultimi.

La valutazione del giudice deve essere, perciò, funzionale all’interesse del figlio con lo scopo di limitare il più possibile il deterioramento inevitabile del legame con il genitore non collocatario, ma nel far ciò, il giudice ha il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro genitore, come sancito all’art. 337 ter Cod. Civ.

Avv. Francesca Muscarello

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