WHISTLEBLOWING e D.Lgs. n. 231/2001: il D.Lgs. n. 24 del 10 marzo 2023 modifica profondamente il sistema della segnalazione degli illeciti?

WHISTLEBLOWING e D.Lgs. n. 231/2001: il D.Lgs. n. 24 del 10 marzo 2023 modifica profondamente il sistema della segnalazione degli illeciti?

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Lo scorso 15 marzo 2023 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. n. 24/2023, che riordina il sistema normativo interno in tema di whistleblowing, abrogando anche l’originaria disciplina prevista dal D.Lgs. n. 231/2001, con l’abrogazione dell’articolo 6, commi 2-ter e 2-quater, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

Ambito di applicazione oggettivo

Il Decreto legislativo 10 marzo 2023 n. 24, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019 , riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali” ha un ambito di applicazione estremamente vasto, tanto da potersi qualificare come fonte normativa di portata generale.
Infatti, l’art. 1 ne fissa l’ambito di applicazione oggettivo prevedendo che:

1. Il presente decreto disciplina la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.

2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano:

a) alle contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile che attengono esclusivamente ai propri rapporti individuali di lavoro o di impiego pubblico, ovvero inerenti ai propri rapporti di lavoro o di impiego pubblico con le figure gerarchicamente sovraordinate;
b) alle segnalazioni di violazioni laddove già disciplinate in via obbligatoria dagli atti dell’Unione europea o nazionali indicati nella parte II dell’allegato al presente decreto ovvero da quelli nazionali che costituiscono attuazione degli atti dell’Unione europea indicati nella parte II dell’allegato alla direttiva (UE) 2019/1937 , seppur non indicati nella parte II dell’allegato al presente decreto;
c) alle segnalazioni di violazioni in materia di sicurezza nazionale, nonché di appalti relativi ad aspetti di difesa o di sicurezza nazionale, a meno che tali aspetti rientrino nel diritto derivato pertinente dell’Unione europea.

3. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni nazionali o dell’Unione europea in materia di:

a) informazioni classificate;
b) segreto professionale forense e medico;
c) segretezza delle deliberazioni degli organi giurisdizionali.

4. Resta altresì ferma l’applicazione delle disposizioni di procedura penale, di quelle in materia di autonomia e indipendenza della magistratura, delle disposizioni sulle funzioni e attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura, comprese le relative procedure, per tutto quanto attiene alla posizione giuridica degli appartenenti all’ordine giudiziario, oltre che in materia di difesa nazionale e di ordine e sicurezza pubblica di cui al regio decreto, 18 giugno 1931, n. 773 , recante il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza . Resta altresì ferma l’applicazione delle disposizioni in materia di esercizio del diritto dei lavoratori di consultare i propri rappresentanti o i sindacati, di protezione contro le condotte o gli atti illeciti posti in essere in ragione di tali consultazioni, di autonomia delle parti sociali e del loro diritto di stipulare accordi collettivi, nonché di repressione delle condotte antisindacali di cui all’articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300” .

In definitiva, l’individuazione dell’ambito oggetivo di applicazione è piuottosto complessa, dovendosi accertare di volta in volta se la materia oggetto della segnalazione sia o meno direttamebte regolata da una fonte di rango UE, ovvero se essa sia ricompresa nella Parte II della tabella allegata al decreto, che menziona le seguenti materie:

A. Articolo 2, comma 1, lettera a), numero 3) – servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo:

i) decreto legislativo 16 aprile 2012, n. 47 , recante attuazione della direttiva 2009/65/CE , concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM); articolo 8, decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 , recante testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 ;
ii) decreto legislativo 13 dicembre 2018, n. 147 , recante attuazione della direttiva (UE) 2016/2341 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2016 , relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali;
iii) decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39 , recante attuazione della direttiva 2006/43/CE , relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE;
iv) regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014 , relati agli abusi di mercato (regolamento abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CEE, 2003/125/CEE e 2004/72/CE della Commissione (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 1);
v) decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 72 , recante attuazione della direttiva 2013/36/UE , che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE , per quanto concerne l’accesso all’attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Modifiche al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 e al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 ;
vi) decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 71 , recante attuazione della direttiva 2014/91/UE , recante modifica della direttiva 2009/65/CE concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), per quanto riguarda le funzioni di depositario, le politiche retributive e le sanzioni e di attuazione, limitatamente ad alcune disposizioni sanzionatorie, della direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica le direttive 2002/92/CE e 2011/61/UE .; decreto legislativo 3 agosto 2017, n. 129 , recante attuazione della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014 , relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE , così, come modificata dalla direttiva 2016/1034/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 giugno 2016 , e di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014 , sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 , così come modificato dal regolamento (UE) 2016/1033 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 giugno 2016 ;
vii) regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014 , relativo al miglioramento del regolamento titoli nell’Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica delle direttive 98/26/CE e 2014/65(UE e del regolamento (UE) n. 236/2012 (GU L 257, del 28.8.2014, pag. 1);
viii) regolamento (UE) n. 1286/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014 , relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati (GU L 352 del 9.12.2014, pag. 1);
ix) regolamento (UE) 2015/2365 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015 , sulla trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli e del riutilizzo e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 337, del 23.12.2015, pag. 1);
x) decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 68 , recante attuazione della direttiva (UE) 2016/97 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 gennaio 2016 , relativa alla distribuzione assicurativa;
xi) regolamento (UE) 2017/1129 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017 , relativo al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di titoli di un mercato regolamentato e che abroga la direttiva 2003/71/CE (GU L 168 del 30.6.2017, pag. 12);

prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo:
i) decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90 , recante attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006 ;
ii) regolamento (UE) 2015/847 del Palamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015 , riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006 (GU L 141 del 5.6.2015, pag. 1);
B. Articolo 2, comma 1, lettera a), numero 3) – sicurezza dei trasporti:
i) regolamento (UE) n. 376/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014 , concernente la segnalazione, l’analisi e il monitoraggio di eventi nel settore dell’aviazione civile, che modifica il regolamento (UE) n. 996/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2003/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e i regolamenti (CE n. 1321/2007 e (CE) n. 1330/2007 della Commissione (GU L 122 del 24.4.2014, pag. 18);
ii) decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 32 , recante attuazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, n. 2013/54/UE , relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità alla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione;
iii) decreto legislativo 24 marzo 2011, n. 53 , recante attuazione della direttiva 2009/16/CE recante le norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell’inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri;
C. Articolo 2, comma 1, lettera a), numero 3) – tutela dell’ambiente:
i) decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 145 , recante attuazione della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/CE

Ambito di applicazione soggettivo

Anche la ricostruzione dell’ambito di applicazione soggettivo richiede uno sforzo interpretativo.

Infatti, l’art. 3 prevede che per i soggetti del settore pubblico il decreto si applichi alle segnalazioni interne o esterne, divulgazioni pubbliche o denunce all’autorità giudiziaria o contabile delle informazioni su comportamenti, atti od omissioni che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica, elencati dall’art. 2, co. 1, lettera a).

Invece, per i soggetti del settore privato, sono previste diverse soglie di applicabilità, a seconda:

– se abbia o meno occupato nell’ultimo anno almeno cinquanta lavoratori subordinati (con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato)

– della tipologia di informazione oggetto della segnalazione;

– della preventiva adozione dei modelli di organizzazione e gestione di cui al DLgs. n. 231/2001.

Dalla combinazione di questi criteri, si può concludere che per il settore privato, le disposizioni del decreto si applicano ai soggetti che:

1)  hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;

2)  anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui alle parti I.B e II dell’allegato;

Per questi soggetti, le disposizioni si applicano ai segnalanti che effettuano segnalazioni interne o esterne, divulgazioni pubbliche o denunce all’autorità giudiziaria o contabile delle informazioni sulle seguenti violazioni:

– illeciti che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione europea o nazionali indicati nell’allegato al decreto,

 ovvero degli atti nazionali che costituiscono attuazione degli atti dell’Unione europea indicati nell’allegato alla direttiva (UE) 2019/1937, seppur non indicati nell’allegato al presente decreto, relativi ai seguenti settori: appalti pubblici; servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza e conformità dei prodotti; sicurezza dei trasporti; tutela dell’ambiente; radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; salute pubblica; protezione dei consumatori; tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi;

– atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di cui all’articolo 325 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea specificati nel diritto derivato pertinente dell’Unione europea;

– atti od omissioni riguardanti il mercato interno, di cui all’articolo 26, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, comprese le violazioni delle norme dell’Unione europea in materia di concorrenza e di aiuti di Stato, nonché le violazioni riguardanti il mercato interno connesse ad atti che violano le norme in materia di imposta sulle società o i meccanismi il cui fine è ottenere un vantaggio fiscale che vanifica l’oggetto o la finalità della normativa applicabile in materia di imposta sulle società;

– atti o comportamenti che vanificano l’oggetto o la finalità delle disposizioni di cui agli atti dell’Unione nei settori indicati sopra;

3 – per i soggetti diversi da quelli indicati al numero 2), che hanno adottato i modelli di organizzazione e gestione previsti dal DLgs 231/2001, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di 50 lavoratori subordinati (con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato), ai segnalanti che effettuano segnalazioni interne di illeciti rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 e delle violazioni dei relativi modelli di organizzazione e gestione;

4 – per i soggetti diversi da quelli indicati al numero 2), se nell’ultimo anno hanno raggiunto la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati (con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato), alle segnalazioni interne o esterne o divulgazioni pubbliche o denunce all’autorità giudiziaria o contabile non solo delle violazioni rilevanti ai sensi del DLgs. N. 231/2001, ma anche di quelle menzionate al precedente numero 2.

Le tipologie di segnalanti che sono oggetto delle tutele previste dal secreto sono:

a) i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 , ivi compresi i dipendenti di cui all’articolo 3 del medesimo decreto, nonché i dipendenti delle autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza o regolazione;
b) i dipendenti degli enti pubblici economici, degli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile , delle società in house, degli organismi di diritto pubblico o dei concessionari di pubblico servizio;
c) i lavoratori subordinati di soggetti del settore privato, ivi compresi i lavoratori il cui rapporto di lavoro è disciplinato dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 , o dall’articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 , convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 ;
d) i lavoratori autonomi, ivi compresi quelli indicati al capo I della legge 22 maggio 2017, n. 81 , nonché i titolari di un rapporto di collaborazione di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile e all’articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015 , che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;
e) i lavoratori o i collaboratori, che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti del settore pubblico o del settore privato che forniscono beni o servizi o che realizzano opere in favore di terzi;
f) i liberi professionisti e i consulenti che prestano la propria attività presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;
g) i volontari e i tirocinanti, retribuiti e non retribuiti, che prestano la propria attività presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;
h) gli azionisti e le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza, anche qualora tali funzioni siano esercitate in via di mero fatto, presso soggetti del settore pubblico o del settore privato.

La tutela delle persone segnalanti si applica anche qualora la segnalazione, la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o la divulgazione pubblica di informazioni avvenga:

a) quando il rapporto di lavoro o giuridico non è ancora iniziato, se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali;
b) durante il periodo di prova;
c) successivamente allo scioglimento del rapporto giuridico se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite nel corso del rapporto stesso.

Le misure di protezione previste dal capo III del Decreto (esempio, divieto e protezione dalle ritorsioni, misure di sostegno), si applicano anche:

a) ai facilitatori;
b) alle persone del medesimo contesto lavorativo della persona segnalante, di colui che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o di colui che ha effettuato una divulgazione pubblica e che sono legate ad essi da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado;
c) ai colleghi di lavoro della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o effettuato una divulgazione pubblica, che lavorano nel medesimo contesto lavorativo della stessa e che hanno con detta persona un rapporto abituale e corrente;
d) agli enti di proprietà della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o che ha effettuato una divulgazione pubblica o per i quali le stesse persone lavorano, nonché agli enti che operano nel medesimo contesto lavorativo delle predette persone.

Le segnanazioni interne ed i canali di segnalazione interna

Il decreto definisce la segnalazione interna come “la comunicazione, scritta od orale, delle informazioni sulle violazioni, presentata tramite il canale di segnalazione interna di cui all’articolo 4“.

L’art. 4, infatti, prevede che i soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali attivino propri canali di segnalazione, che garantiscano, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione. I modelli di organizzazione e di gestione, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 231 del 2001 , prevedono i canali di segnalazione interna di cui al presente decreto.

La gestione del canale di segnalazione è affidata a una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione, ovvero è affidata a un soggetto esterno, anch’esso autonomo e con personale specificamente formato.

Le segnalazioni sono effettuate in forma scritta, anche con modalità informatiche, oppure in forma orale. Le segnalazioni interne in forma orale sono effettuate attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole.

I comuni diversi dai capoluoghi di provincia possono condividere il canale di segnalazione interna e la relativa gestione. I soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, non superiore a duecentoquarantanove, possono condividere il canale di segnalazione interna e la relativa gestione.

I soggetti del settore pubblico cui sia fatto obbligo di prevedere la figura del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza affidano a quest’ultimo, anche nelle ipotesi di condivisione di cui al comma 4, la gestione del canale di segnalazione interna.

La segnalazione interna presentata ad un soggetto diverso da quelli sopra indicati deve essere loro trasmessa entro sette giorni, dandone notizia alla persona segnalante.

Secondo quanto disposto dall’art. 5, il soggetto che gestisce il canale di segnalazione interna dovrà:

a) rilasciare alla persona segnalante avviso di ricevimento della segnalazione entro sette giorni dalla data di ricezione;
b) mantenere le interlocuzioni con la persona segnalante e chiedere a quest’ultima, se necessario, integrazioni;
c) fornire un diligente seguito alle segnalazioni ricevute;
d) fornire riscontro alla segnalazione entro tre mesi dalla data dell’avviso di ricevimento o, in mancanza di tale avviso, entro tre mesi dalla scadenza del termine di sette giorni dalla presentazione della segnalazione;
e) mettere a disposizione informazioni chiare sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne, nonché sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazione esterne. Le suddette informazioni devono essere esposte e rese facilmente visibili nei luoghi di lavoro, nonché accessibili alle persone che pur non frequentando i luoghi di lavoro intrattengono un rapporto giuridico con l’ente che riceve la segnalazione. Se dotati di un proprio sito internet, i soggetti del settore pubblico e del settore privato devono pubblicare le informazioni di cui alla presente lettera anche in una sezione dedicata del suddetto sito.

Le segnalazioni esterne

La segnalazione esterna è definita come “la comunicazione, scritta od orale, delle informazioni sulle violazioni, presentata tramite il canale di segnalazione esterna di cui all’articolo 7“.

La normativa ammette la possibilità di effettuare delle segnalazioni esterne al contesto lavorativo al ricorrere almeno di una delle seguenti condizioni:

a) non è prevista, nell’ambito del suo contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme a quanto previsto dall’articolo 4;
b) la persona segnalante ha già effettuato una segnalazione interna ai sensi dell’articolo 4 e la stessa non ha avuto seguito;
c) la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione possa determinare il rischio di ritorsione;
d) la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

Il canale per le segnalazioni esterne deve essere attivato dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e deve garantire la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.

Le segnalazioni esterne devono essere effettuate in forma scritta tramite la piattaforma informatica oppure in forma orale attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole.

L’obbligo di riservatezza, il trattamento dei dati personali e la conservazione della documentazione

L’art. 12 disciplina l’obbligo di riservatezza, disponendo che le segnalazioni non possano essere utilizzate oltre quanto necessario per dare adeguato seguito alle stesse.

Viene anche disposto che l’identità della persona segnalante e qualsiasi altra informazione da cui può evincersi, direttamente o indirettamente, tale identità non possano essere rivelate, senza il consenso espresso della stessa persona segnalante, a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni, espressamente autorizzate a trattare tali dati.

Anche nell’ambito del procedimento penale viene tutelata l’identità della persona segnalante.

Inoltre, l’art. 12 prevede che “Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità della persona segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità della persona segnalante sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza del consenso espresso della persona segnalante alla rivelazione della propria identità“.

Gli artt. 13 e 14 disciplinano altri importanti aspetti relativamente al trattamento dei dati personali ed alla conservazione della documentazione relativa alle segnalazioni.

In particolare è previsto che i soggetti di cui all’art. 4 trattino i dati in qualità di titolari del trattamento e che la documentazione relativa alle segnalazioni possa essere conservata solamente per il tempo necessario al trattamento della segnalazione e comunque non oltre cinque anni a decorrere dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione.

Divulgazioni pubbliche

Il decreto non prevede solo la possibilità di effettuare segnalazioni interne ed esterne.

Infatti, al ricorrere di determinate condizioni, sarà possibile anche per il segnalante ricorrere alla divulgazione pubblica delle informazioni in proprio possesso.

Ciò sarà possibile quando:
a) la persona segnalante ha previamente effettuato una segnalazione interna ed esterna ovvero ha effettuato direttamente una segnalazione esterna, alle condizioni e con le modalità previste dal decreto e non è stato dato riscontro nei termini in merito alle misure previste o adottate per dare seguito alle segnalazioni;
b) la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;
c) la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, come quelle in cui possano essere occultate o distrutte prove oppure in cui vi sia fondato timore che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l’autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa.

Le misure di protezione

Gli articoli da 16 a 22 costituiscono il cuore della nuova normativa, poiché disciplinano le misure di protezione della persona segnalante:

a) al momento della segnalazione o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o della divulgazione pubblica, la persona segnalante o denunciante aveva fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni segnalate, divulgate pubblicamente o denunciate fossero vere e rientrassero nell’ambito oggettivo di cui all’articolo 1;
b) la segnalazione o divulgazione pubblica è stata effettuata sulla base di quanto previsto dal capo II.

Viene espressamente previsto che i motivi che hanno indotto la persona a segnalare o denunciare o divulgare pubblicamente sono irrilevanti ai fini della sua protezione.

Tuttavia, quando è accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave, le tutele non sono garantite e alla persona segnalante o denunciante è irrogata una sanzione disciplinare.

Vengono accordate le misure di protezione anche nei casi di segnalazione o denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o divulgazione pubblica anonime, se la persona segnalante è stata successivamente identificata e ha subito ritorsioni, nonché nei casi di segnalazione presentata alle istituzioni, agli organi e agli organismi competenti dell’Unione europea.

La norma alla base delle misure di protezione è l’art. 17 che sancisce il divieto di ritorsione nei confronti del segnalante.

Inoltre, viene previsto che nell’ambito di procedimenti giudiziari o amministrativi o comunque di controversie stragiudiziali aventi ad oggetto l’accertamento dei comportamenti, atti o omissioni vietati nei confronti delle persone segnalanti, si presume che gli stessi siano stati posti in essere a causa della segnalazione, della divulgazione pubblica o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile. L’onere di provare che tali condotte o atti sono motivati da ragioni estranee alla segnalazione, alla divulgazione pubblica o alla denuncia è a carico di colui che li ha posti in essere.

Analoga presunzione della natura ritorsiva di azioni nei confronti del segnalante è prevista nel caso in cui quest’ultimo presenti una domanda risarcitoria innanzi all’autorità giudiziaria. In tal caso, infatti, si presume che il danno sia conseguenza di tale segnalazione, divulgazione pubblica o denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.

Costituiscono ritorsioni tipizzate i seguenti comportamenti:

a) il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti;
b) la retrocessione di grado o la mancata promozione;
c) il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro;
d) la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa;
e) le note di merito negative o le referenze negative;
f) l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria;
g) la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo;
h) la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole;
i) la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;
l) il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;
m) i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi;
n) l’inserimento in elenchi impropri sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che può comportare l’impossibilità per la persona di trovare un’occupazione nel settore o nell’industria in futuro;
o) la conclusione anticipata o l’annullamento del contratto di fornitura di beni o servizi;
p) l’annullamento di una licenza o di un permesso;
q) la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.
L’art. 18 introduce ad ulteriore tutela del segnalante anche delle misure di sostegno.

In particolare, l’ANAC pubblicherà sul proprio sito l’elenco degli enti del Terzo settore che forniscono alle persone segnalanti misure di sostegno, sulla base di apposite convenzioni con l’ANAC.

Le misure di sostegno consistono in informazioni, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dalle disposizioni normative nazionali e da quelle dell’Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato.

A titolo di ulteriori misure di protezione dalle ritorsioni, l’art. 19 disciplina le comunicazioni che i segnalanti possono inviare ad ANAC quando ritengano di aver subito delle ritorsioni.

In caso di ritorsioni commesse nel contesto lavorativo di un soggetto del settore pubblico, l’ANAC informa immediatamente il Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli eventuali organismi di garanzia o di disciplina, per i provvedimenti di loro competenza.

In caso di ritorsioni commesse nel contesto lavorativo di un soggetto del settore privato l’ANAC informa l’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza.

Al termine dell’istruttoria, l’ANAC può irrogare i esponsabili di ritorsioni le sanzioni amministrative previste dall’art. 21.

E’ altresì previsto che gli atti compiuti in violazione del divieto di ritorsioni sono nulli.

I segnalanti che siano stati licenziati a causa della segnalazione, della divulgazione pubblica o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile hanno diritto a essere reintegrati nel posto di lavoro, ai sensi dell’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 o dell’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 , in ragione della specifica disciplina applicabile al lavoratore.

Oltre alla reintegrazione è prevista la possibilità di adottare anche in forma provvisoria tutte le misure necessarie ad assicurare la tutela alla situazione giuridica soggettiva azionata, ivi compresi il risarcimento del danno, l’ordine di cessazione della condotta posta in essere in violazione dell’articolo 17 e la dichiarazione di nullità degli atti adottati in violazione del medesimo articolo.

A questo quadro va aggiunto che le rinunce e le transazioni, integrali o parziali, che hanno per oggetto i diritti e le tutele previsti in favore del segnalante non sono valide, salvo che siano effettuate nelle forme e nei modi di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile.

Infine, il segnalante viene protetto anche prevedendo espressamente la limitazione della propria responsabilità.

Infatti, l’art. 20 prevede che non è punibile – ed è esclusa ogni eventuale responsabilità civile o amministrativa – il segnalante che riveli o diffonda informazioni sulle violazioni coperte dall’obbligo di segreto o relative alla tutela del diritto d’autore o alla protezione dei dati personali ovvero riveli o diffonda informazioni sulle violazioni che offendono la reputazione della persona coinvolta o denunciata, quando, al momento della rivelazione o diffusione, vi fossero fondati motivi per ritenere che la rivelazione o diffusione delle stesse informazioni fosse necessaria per svelare la violazione e la segnalazione, la divulgazione pubblica o la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile è stata legittimamente effettuata ai sensi dell’articolo 16 del decreto.

Analogamente, il segnalante non incorre in alcuna responsabilità, anche di natura civile o amministrativa, per l’acquisizione delle informazioni sulle violazioni o per l’accesso alle stesse, salvo che il fatto costituisca reato.

Non si tratta, comunque, di impunità, poiché, in ogni caso, la responsabilità penale e ogni altra responsabilità, anche di natura civile o amministrativa, non è esclusa per i comportamenti, gli atti o le omissioni non collegati alla segnalazione, alla denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o alla divulgazione pubblica o che non sono strettamente necessari a rivelare la violazione.

Le Sanzioni

L’art. 21 prevede pesanti sanzioni amministrative pecuniarie a carico dei responsabili (in particolare di misure ritorsive) nei confronti dei segnalanti, che vengono irrogate dall’ANAC.

In particolare esse vanno:

a) da 10.000 a 50.000 euro quando sono state commesse ritorsioni o quando la segnalazione è stata ostacolata o si è tentato di ostacolarla o è stato violato l’obbligo di riservatezza di cui all’articolo 12;
b) da 10.000 a 50.000 euro quando non sono stati istituiti canali di segnalazione, non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero l’adozione di tali procedure non è conforme a quelle di cui agli articoli 4 e 5, nonché quando non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute;
c) da 500 a 2.500 euro, quando la persona segnalante sia stata condannata, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.

I soggetti privato che hanno adottato il modello di organizzazione e gestione ai sensi del D.Lga. n. 231/2001 devono prevedere nel proprio sistema disciplinare adottato ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera e), del decreto n. 231 del 2001, sanzioni nei confronti di coloro che accertano essere responsabili degli illeciti sopra menzionati.

Avv. Emanuele Nati



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