Secondo la Cassazione, la consulenza (in questo caso del lavoro) non è attività riservata agli iscritti all’Albo.

Secondo la Cassazione, la consulenza (in questo caso del lavoro) non è attività riservata agli iscritti all’Albo.

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Giunge davanti alla Suprema Corte una vexata quaestio, che ha interessato per molti anni gli avvocati, in ordine alla necessità della iscrizione ad un Albo professionale per chi sia chiamato a rendere una consulenza legale.

Conclusasi negativamente la questione a (s)favore degli iscritti all’Albo, si è aperta la strada ad altre professioni “parallele” quale il tributarista rispetto al commercialista.

Da ultimo, viene la riflessione sui consulenti del lavoro, che non eserciterebbero in quanto tali la consulenza sulla tipologia di contratti da adottare, e dunque non ne risponderebbero in quanto consulenti del lavoro.

La Corte osserva che la eventuale nullità del contratto stipulato con un non iscritto all’Albo professionale di riferimento non tutelerebbe certo il cliente, sussistendo invece una norma codicistica che prevede la responsabilità risarcitoria in caso di inadempimento di qualsiasi prestatore d’opera intellettuale, sulla base di un valido contratto di consulenza.

Tuttavia, a giudizio di chi scrive esiste un problema di tutela della clientela.

Mi è capitato di rispondere a diffide sottoscritte da sedicenti avvocati non più iscritti all’Albo, che si sono trincerati dietro il fatto che solo l’attività processuale sarebbe prerogativa degli iscritti.

Analogamente, ho incontrato tributaristi che – pur non essendo iscritti all’Albo dei commercialisti – il cliente reputava tali, visto che oltre a far loro consulenza gli seguivano tutti gli adempimenti contabili.

Che uno studio di “consulenza lavoristica” possa essere gestito da persone che non sono consulenti del lavoro mi può stare anche bene, purchè i clienti lo sappiano.

Detto anche che – a mio parere – l’iscrizione ad un Albo professionale non garantisce ex se la professionalità dell’iscritto, certamente in quel caso vi è la possibilità per il cliente insoddisfatto di rivolgersi ad un organismo di controllo diverso dal Giudice, ed a volte più efficace.

Penso anche che, se qualcuno sapesse che un laureato in medicina non è iscritto all’Ordine dei Medici, probabilmente ci penserebbe due volte nel chiedergli una consulenza piuttosto che rivolgersi ad un medico iscritto all’Ordine.

Qualora non si voglia prevedere per legge che la consulenza deve essere resa da professionisti iscritti all’Albo, che almeno si imponga a chi non lo è di scriverlo nella propria carta intestata e nella targa dei propri uffici, in modo che nessuno pensi di aver chiesto una consulenza ad un avvocato o ad un commercialista o un consulente del lavoro iscritti all’Albo.

Avv. Sandro Campilongo

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